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Con il termine di “cervicalgia” s’intende un dolore che interessa il tratto cervicale della colonna. Quindi, esattamente come nel caso del termine di “lombalgia” il termine di “cruralgia” descrive solamente il sintomo senza descriverne la causa. Nell’ambito del dolore muscolo scheletrico la cervicalgia rappresenta, dopo la lombalgia, la causa maggiormente frequente di prestazioni in medicina generale. La cervicalgia può colpire ogni fascia di età, inclusi bambini ed adolescenti. La prevalenza mensile varia dal 15.4% al 45.3% in età adulta e dal 4.5% all’8.5% in età evolutiva. La prevalenza annuale varia dal 12.1% al 71.5% nella popolazione generale e dal 27.1% al 47.8% tra i lavoratori. La cervicalgia persistente e ad alta disabilità presenta una prevalenza che varia dall’1.7% all’11.5% nella popolazione generale.

La sua eziologia si basa su cause vertebrali ed extra-vertebrali.

 

01Le cause vertebrali

Le cervicalgie vertebrali possono essere causate da:

  1. Infiammazione del complesso anatomico vertebra-vertebra;
  2. Spondilosi cervicale;
  3. Ernia del disco intervertebrale;
  4. Fratture;
  5. Processi neoplastici primitivi o secondari.

 

Le cervicalgie extra-vertebrali

La cervicalgia può essere provocata anche da cause extra-vertebrali tra le quali vanno ricordate:

  1. Le patologie infiammatorie e degenerative dell’articolazione della spalla;
  2. Le neoplasie extravertebrali (come ad esempio il tumore di Pancoast);
  3. I processi infettivi;
  4. Le malattie sistemiche con interessamento del rachide cervicale (come ad esempio la sclerosi multipla).

 

La sintomatologia

Il paziente affetto da cervicalgia lamenta un dolore al tratto cervicale che può essere insorto in modo acuto senza causa apparente oppure a seguito di trauma. Il movimento del tratto cervicale è fortemente limitato ed il dolore tipicamente s’irradia a livello della muscolatura paravertebrale del collo, al muscolo trapezio ed al muscolo gran dorsale. Nella maggior parte dei casi è presente una sensazione di rigidità cervicale e nei casi più gravi il paziente può lamentare vertigini, cefalea e disturbi dell’equilibrio. Tutta questa sequela di sintomi è provocata da un processo infiammatorio a livello delle faccette articolari posteriori delle vertebre cervicali che può provocare una temporanea compressione delle arterie vertebrali lungo il loro tragitto attraverso i fori trasversali dei processi vertebrali laterali. Tale compressione ne ostruisce parzialmente il flusso causando la coorte di sintomi sopra descritta. In tali quadri il movimento di estensione del collo può talvolta provocare una improvvisa esacerbazione del dolore. Infine nei quadri di cervicalgia più gravi Il dolore può, irradiandosi lungo la muscolatura del collo, giungere sino a livello delle spalle.

Figura 1:

il processo infiammatorio a livello delle faccette articolari posteriori delle vertebre cervicali
che può provocare una temporanea compressione  delle arterie vertebrali
lungo il loro tragitto attraverso i fori trasversali dei processi vertebrali laterali.

 

La cervicobrachialgia

Quando il dolore, dal tratto cervicale del rachide, arriva ad irradiarsi sino agli arti superiori, si parla di cervicobrachialgia. Questa particolare irradiazione del dolore è causata dal coinvolgimento delle radici spinali cervicali che costituiscono il cosiddetto “plesso brachiale”, ossia delle radici emergenti dal tratto vertebrale compreso tra C5 e T1. Sia l’incidenza che le cause della cervicobrachialgia sono praticamente sovrapponibili a quelle della cervicalgia. Da un punto di vista clinico la cervicobrachialgia presenta gli stessi sintomi della cervicalgia ai quali si associa la sintomatologia periferica sopra descritta, ossia l’irradiazione a livello degli arti superiori. La gravità dei sintomi dipende dalla gravità del danno anatomico ed in questo caso si distinguerà tra:

  1. Un danno causato da irritazione radicolare,
  2. Un danno provocato da compressione radicolare;
  3. Un danno conseguente ad un’interruzione radicolare.

L’irritazione radicolare comporta il quadro clinico di minor gravità che è sostanzialmente identificabile in un dolore irradiato a livello del territorio della radice interessata. La compressione radicolare comporta invece l’insorgenza di un quadro più severo che, oltre al dolore, comporta alterazione della sensibilità (ipoestesie , parestesie ) ed un deficit di forza (ipostenia). Il quadro clinico di maggior gravità è invece associato all’interruzione radicolare. In tal caso la grave compromissione della radice nervosa può comportare una totale assenza della sensibilità (anestesia) ed una totale assenza di movimento (paralisi).

 

Figura 2:

in figura sono rappresentate le varie vertebre che compongono il tratto cervicale 
ed i corrispettivi dermatomeri d’influenza.  Occorre ricordare che, sebbene nella figura 
i differenti dermatomeri  siano rappresentati come aree tra loro ben distinte, 
nella realtà ogni dermatomero si sovrappone a quello adiacente.

 

Il colpo di frusta

Un’altra causa, questa volta di origine post-traumatica, della cervicalgia è rappresentata dal cosiddetto “colpo di frusta”. Il temine colpo di frusta cervicale è stato utilizzato per la prima volta dall’ortopedico americano H. E. Crowe per descrivere la modalità biomeccanica con la quale la testa si muove nel momento in cui venga sottoposta a forze improvvise di accelerazione/decelerazione che esercitano sul collo un effetto tipo frusta. La Quebec Task force ha definito il colpo di frusta cervicale come segue: “il colpo di frusta è un meccanismo di accelerazione e decelerazione con trasferimento di energia al collo. Tale meccanismo può essere causato da un incidente automobilistico con tamponamento od un urto laterale, ma può verificarsi anche durante tuffi o altri tipo di movimenti a rischio. L’impatto può provocare lesioni a livello osseo od ai tessuti molli che a loro volta possono condurre ad una sequela di manifestazioni cliniche. Per ciò che riguarda il classico colpo di frusta causato da tamponamento stradale, occorre dire che prima dell’introduzione del poggiatesta, sembrava che l’eccessiva estensione (iperestensione) del rachide cervicale rappresentasse la fase più dannosa del trauma. Attualmente la presenza del poggiatesta limita le possibilità di iperestensione ma l’obbligatorietà della cintura di sicurezza, immobilizzando il rachide dorso-lombare aumenta le possibilità di iperflessione a livello cervicale durante l’impatto. La gestione del colpo di frusta dovrebbe cominciare immediatamente, anche nelle prime ore dopo il trauma. Molti pazienti invece rimandano l’inizio del trattamento perché i sintomi in genere compaiono solamente qualche giorno più tardi, ma purtroppo a quel punto i cambiamenti patologici causati dal meccanismo traumatico sono già iniziati. Il colpo di frusta è un traumatismo che può causare serie conseguenze ai tessuti molli, ed indurre una compromissione della funzionalità che può portare a disabilità sia nell’ambito lavorativo che nelle semplici attività quotidiane. Occorre tuttavia ricordare di come Il sistema assicurativo svolga un ruolo determinante sulla frequenza e sulla durata delle richieste di indennizzo per colpo di frusta. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che gli infortunati guariscono in tempi molto minori quando non sia disponibile alcun tipo di risarcimento a loro favore.

Figura 3 :

la dinamica del colpo di frusta.

 

I sintomi

I sintomi di maggior riscontro in seguito a un colpo di frusta sono cervicalgia, mal di testa e ridotta mobilità cervicale, dolore, parestesie, ipoestesia e debolezza ad un arto superiore nell’area corrispondente all’emergenza del nervo cervicale irritato. Seppur più sporadicamente possono essere presenti anche sordità, vertigini, tinnito, perdita di memoria, disfagia e dolore temporomandibolare.

 

La classificazione del colpo di frusta

La letteratura riporta diverse classificazioni relative ai disturbi associati al colpo di frusta. Riporto quella proposta dalla Quebec Task Force nel 1995 ha proposto una classificazione della gravità del colpo di frusta basata sui sintomi da quest’ultimo causati. Tale classificazione anche a distanza di quasi vent’anni costituise il riferimento più importante in quest’ambito.

 

 

Grado
Presentazione clinici

Non si lamentano disturbi al collo. Non vi sono segni fisici

Dolore, rigidità o iperestesia del collo. Non vi sono segni fisici
Disturbi al collo e segni a livello muscolo scheletrico: articolarità ridotta e punti di iperestesia
Disturbi al collo e segni neurologici: riflessi tendinei      profondi diminuiti o assenti, debolezza e deficit sensitivo
Disturbi al collo e frattura o lussazione

Tabella 1:

La classificazione del colpo di frusta proposta dalla Quebec Task Force nel 1995

 

 

Il metodo S.A.I.

Nell’ambito dei nostri centri riabilitativi, da anni all’avanguardia nell’ambito della riabilitazione ortopedica, abbiamo messo a punto un sistema di trattamento conservativo delle patologie del rachide denominato S.A.I. L’acronimo S.A.I. significa:

  • (S) Sistema di lavoro composto da varie metodologie volte a migliorare la qualità di vita del paziente;
  • (A) Auto-trattamento perché il paziente viene istruito su dei principi e tecniche di lavoro che potrà e dovrà adottare in completa autonomia;
  • (I) Integrato perché è l’incontro di diverse metodologie unite dall’esperienza pluriennale dei nostri esperti in riabilitazione ortopedica e medicina dello sport.

 

Le diverse tappe del metodo S.A.I.

Il metodo S.A.I. prevede ovviamente una prima tappa di tipo diagnostico, grazie alla quale il paziente viene istradato in un percorso terapeutico in funzione della sua patologia. Il terapista, di concerto con il medico fisiatra responsabile del percorso, si farà carico del passaggio tra i vari step riabilitativi che compongono il percorso stesso.

 

Quanto dura ogni step? 

Noi abbiamo l’abitudine di ricordare al paziente che “Il percorso riabilitativo non si fa con il calendario” , intendendo con questo che il passaggio da uno step all’altro avviene in conformità a:

 

Red flags che impediscono il passaggio da una fase all’altra e…..

 

 

 

Green flags che invece lo consentono.

 

 

 

Quale è lo scopo ultimo del percorso terapeutico?

L’outcome che perseguiamo è la completa risoluzione della sintomatologia algica del paziente o quantomeno un sostanziale miglioramento della sua qualità di vita. Nel caso di un paziente sportivo o fisicamente attivo lo scopo è anche quello di ritornare allo stile di vita precedente. Ovviamente alcune volte si presenta la necessità di dover modificare il proprio stile di vita. Anche in questo caso i nostri esperti seguiranno il paziente consigliandolo in tal senso per il meglio.

Come deve organizzarsi il paziente?

Il percorso terapeutico nella sua totalità può essere talvolta lungo. Se questo può non essere un problema per i pazienti che abitano in prossimità di uno dei nostri centri, altrettanto non si può dire per coloro che invece si trovino a parecchi chilometri di distanza da questi ultimi. Per ovviare a questo non sottovalutabile inconveniente il nostro centro principale di Pontremoli è attrezzato per ospitare i nostri pazienti durante i periodi di trattamento. In questo senso noi consigliamo dei brevi periodi di permanenza (al massimo di una settimana) presso la nostra struttura, periodi nel quale il paziente viene istruito all’esecuzione dell’autotrattamento che dovrà poi eseguire in sede domiciliare. Vengono così programmati dei veri e propri “percorsi terapeuti a distanza” che prevedono un controllo clinico ed un ulteriore periodo di auto-istruzione del paziente ad ogni passaggio di fase, sino al completamento del percorso stesso. I nostri esperti forniscono in ogni caso al paziente una costante consulenza on-line.