L’instabilità della spalla

Il paziente sofferente d’instabilità di spalla (IS) riferisce appunto di una sensazione di mancanza di stabilità a livello dell’articolazione scapolo omerale. Tale sgradevole sensazione può essere causata da lassità, ossia  da una situazione d’incapacità biomeccanica  nel  mantenere l’articolazione  in sede, tale quadro può derivare da un’alterazione dello sviluppo osseo, da un’alterazione o da un deterioramento dei tessuti periarticolari, oppure da entrambi questi fattori. Molto spesso però la spalla si lussa in conseguenza ad eventi traumatici o microtraumatici.

Una spalla  instabile può andare incontro a lussazione (i.e fuoriuscita completa della testa omerale dal suo alloggiamento anatomico rappresentato dalla glenoide della scapola), sublussazione (i.e una parziale fuoriuscita della testa omerale che rientra poi prontamente in sede ), oppure a dolore che si manifesta in particolari posizioni o  durante alcuni movimenti generalmente effettuati in ambito lavorativo e/o sportivo. Quando le lussazioni si presentano in modo reiterato, anche a distanza di molto tempo tra loro, s’instaura un particolare quadro clinico denominato di  “lussazione recidivante” .

L’IS può anche essere anche di origine acquisita in particolari popolazioni di sportivi come ad esempio i ginnasti, i pallavolisti, i pesisti, i nuotatori, i pallanuotisti ed i tennisti. La caratteristica che accomuna le categorie di sportivi sopracitate è costituita dal fatto  che nel profilo prestativo di ognuna delle specialità considerate sono frequenti i gesti cosiddetti “overhead”, ossia tutti quei gesti nei quali la mano viene portata al di sopra della testa.

Il meccanismo patogenetico è da ricercarsi nella reiterazione dei movimenti sopra il capo che a causa della lassità articolare creano sollecitazioni meccaniche anomale su strutture nervose e tessuti molli periarticolari (microtraumi ripetuti) fino a dare origine a dolore

La  particolare conformazione anatomica e la biomeccanica della spalla fanno si che quest’ultima  si lussi con maggior frequenza  in direzione antero-inferiore. In caso di lussazione  avvengono  lesioni ossee, cartilaginee, legamentose e tendinee che dipendono  della forza e della direzione del trauma stesso,  dal numero di recidive e  della resistenza biomeccanica individuale delle strutture che vengono sottoposte allo stress. La lussazione di spalla è una patologia che presenta la sua  maggiore incidenza nella seconda e nella terza decade di vita, è maggiormente frequente negli uomini rispetto alle donne e si mostra correlata all’esecuzione di alcuni gesti nell’ambito  dell’ attività lavorativa e sportiva . Tuttavia, seppur più raramente, possono avvenire lussazioni anche  in età neonatale o  nell’anziano

La diagnosi

Gli elementi da tenere in forte considerazione in ambito diagnostico sono rappresentati dalla storia clinica della spalla o di entrambe le spalle, dall’eventuale  presenza di una lassità diffusa a livello  più articolazioni ,dalla modalità con la quale la lussazione è avvenuta  (in seguito ad un  trauma  valido o senza traumi apparenti) e dalla sua frequenza .

Le indagini strumentali permettono di stabilire una diagnosi di certezza e di programmare un’idonea terapia.

L’imaging

È  sempre di estrema importanza effettuare un esame radiologico nelle proiezioni standard in occasione di ciascun evento lussativo , e comunque  prima di eseguire qualsiasi manovra di riduzione . Gli esami di imaging utili al fine della conferma della diagnosi sono La TAC e la RM. In particolari casi si può rendere necessario eseguire una RM con liquido di contrasto iniettato intra-articolarmente. Ultimamente un particolare tipo di TAC, denominata TAC – PICO si sta rivelando molto utile per ciò che concerne la   valutazione delle lesioni ossee della rima glenoidea.

 Il trattamento conservativo

Il trattamento di prima scelta a seguito di un  primo episodio di lussazione è quello conservativo che comporta, in prima istanza,  la  riduzione della lussazione , l’applicazione di bendaggio ed  un  periodo di immobilizzazione di circa 4 settimane. Dopo il periodo di immobilizzazione inizia una progressiva attività di mobilizzazione e rinforzo  soprattutto del muscolo sottoscapolare (nel caso d’instabilità anteriore) o del muscolo sottospinoso (nel caso d’instabilità posteriore). Se dopo un adeguato periodo di FKT, incentrato sulla mobilizzazione ed il  rinforzo dell’articolazione, persistesse una situazione d’instabilità è giustificato prendere in considerazione un’eventuale risoluzione di tipo chirurgico.

Il trattamento chirurgico

Spesso la diminuzione della qualità di vita che il paziente sofferente d’IS percepisce è tale da richiedere una riparazione chirurgica della lesione ed un  rinforzo capsulare (capsuloplastica).

L’evoluzione delle tecniche chirurgiche adottabili nell’ambito dell’IS a cui abbiamo assistito nel corso degli ultimi 20 anni, ha permesso un costante miglioramento dell’outcome degli interventi. Per ciò che riguarda la scelta del tipo d’intervento da intraprendere influiscono numerosi elementi quali:

  1. L’età del paziente;
  2. Il numero di lussazioni subite;
  3. La tipologia e l’intensità del dolore;
  4. La limitazione durante l’attività sportiva e/o lavorativa. 

Negli ultimi anni si è soprattutto assistito ad un’importante evoluzione delle tecniche artroscopiche che hanno determinato un netto miglioramento degli outcome chirurgici. Il grosso vantaggio dell’artroscopia è principalmente rappresentato dalla sua micro-invasività che comporta un netto  risparmio della componente muscolare e la rendono, per questo motivo, particolarmente adatta ai pazienti giovani che abbiano elevate richieste funzionali. Nel caso di microinstabilità l’intervento effettuato in artroscopia prevede l’utilizzo di “ancorette” in titanio od in  acido polilattico riassorbibile,  dalle quali fuoriescono fili in tessuto non riassorbibile ad alta resistenza che vengono passati e legati attorno alla capsula articolare ed al labbro glenoideo al fine di  ricreare la normale tensione capsulare. Tuttavia, tale tipo di tecnica chirurgica non è adatta  nel  caso di fratture associate o d’insufficiente resistenza del tessuto capsulare.  La procedura  chirurgica tradizionale, indicata in pazienti che presentano frequenti lussazioni, prevede al contrario l’incisione chirurgica sulla porzione anteriore della spalla e l’utilizzo di varie tecniche di plastica capsulare in grado di ripristinare  una corretta tensione.

Tutti questi tipi d’ interventi vengono eseguiti in anestesia generale o combinata (anestesia regionale con o senza sedazione profonda) e prevedono un ricovero ospedaliero la cui durata è di circa 3 o 4 giorni, nonché  il mantenimento dell’arto operato in bendaggio ortopedico per un successivo periodo compreso tra le 4 e le 5 settimane. Dopo il periodo d’immobilizzazione viene iniziata la rieducazione funzionale della spalla, inizialmente  sotto forma passiva e successivamente sotto forma attiva. Il recupero completo si ottiene dopo  circa  7-9 settimane.