Epitrocleite

L’epitrocleite, anche conosciuta come gomito del golfista, è una patologia generalmente causata da un sovraccarico funzionale dei muscoli epitrocleari a cui consegue un processo di degenerazione tendinea.
I muscoli epitrocleari originano, come il nome stesso suggerisce, dall’epitroclea e s’inseriscono a livello del polso dell’avambraccio e della mano. Il loro compito è quello di pronare l’avambraccio (ossia di ruotarlo verso l’interno) e di flettere polso e dita. L’epitrocleite causa dolore sulla faccia mediale dell’articolazione del gomito. Anche se il termine di epitrocleite potrebbe lasciare pensare ad un processo di tipo infiammatorio, in realtà molto più frequentemente si tratta di un processo di tipo degenerativo dei tendini interessati. Alcuni Autori definiscono il processo come una degenerazione di tipo angiofibroblatico, in cui le fibre elastiche del tendine vengono sostituite da un tessuto fibroso e più riccamente vascolarizzato. L’epitrocleite colpisce con più frequenza l’arto dominante e più frequentemente pazienti tra i 35 e 50 anni, anche se è possibile riscontrarle in tutte le fasce di età, con un’incidenza più alta nel sesso maschile.

Diagnosi

La diagnosi è sostanzialmente clinica. Nella valutazione clinica del paziente occorre valutare il tipo di attività sportiva e/o lavorativa svolta , i soggetti maggiormente colpiti sono infatti coloro che utilizzano in modo ripetitivo l’avambraccio, soprattutto compiendo ripetutamente gesti di flessione e pronazione. Alcuni test clinici specifici, la palpazione in corrispondenza dell’epitroclea e la valutazione della flessione e pronazione del polso contro resistenza, evocano dolore. Il sospetto clinico può essere confermato da esame radiografico, ecografico o di RM. La diagnosi comparativa va effettuata con la sindrome da compressione nervosa del nervo ulnare (che comunque può associarsi all’epitrocleite), la lesione del nervo cutaneo mediale dell’avambraccio, la compressione delle radici nervose cervicali, l’instabilità articolare, la patologia articolare degenerativa e le lesioni del lacerto fibroso.
Nell’ambito della storia naturale della patologia si distinguono tre fasi:

  1. Stadio I: infiammazione in assenza di degenerazione angiofibroblastica. Questo primo stadio rappresenta una fase effettivamente di tipo infiammatorio del tendine e come tale è più facilmente reversibile. Sono queste le forme che rispondono meglio al trattamento conservativo.
  2. Stadio II: presenza di modesta degenerazione tendinea in associazione ad aree di tessuto sano od infiammato. Lo stadio II rappresenta una fase più difficilmente reversibile della precedente , che può evolvere verso la guarigione ma anche verso la cronicizzazione.
  3. Stadio III: l’invasione angiofibroblastica è molto marcata e si può associare all’interruzione parziale o totale delle fibre tendinee. In questi casi la patologia non è reversibile e non è responsiva nei confronti del trattamento conservativo. Spesso vi è la necessita di una risoluzione di tipo chirurgico.

Trattamento

Il trattamento di prima scelta è quello conservativo, che è costituito da FKT specifica, ESWT e terapia strumentale, oltre che naturalmente dall’astensione del sovraccarico funzionale responsabile dell’insorgenza della patologia. In caso di fallimento della terapia conservativa vi è indicazione al trattamento chirurgico che prevede la rimozione, per via artroscopica od a cielo aperto, del tessuto degenerato associato ad una cruentazione locale che ha lo scopo di favorire i processi riparativi tendinei. Frequentemente è necessario associare l’intervento di decompressione o trasposizione del nervo ulnare. Il post-operatorio prevede un breve periodo di immobilizzazione in tutore a cui segue un periodo di ripresa graduale del movimento.