La lesione del legamento crociato posteriore

Eziopatogenesi

Il Legamento Crociato Posteriore (LCP) rappresenta il legamento più forte dell’articolazione del ginocchio , la sua resistenza alla rottura è infatti circa doppia rispetto al LCA. Il LCP è formato da due fasci: un fascio anterolaterale, di maggiori dimensioni ed un fascio posterioromediale, oltre a due fasci accessori associati, che vengono talora denominati “terzo legamento crociato”.

Il suo ruolo funzionale è quello di contrastare le forze di translazione posteriore della tibia sul femore, opporsi all’iperestensione dell’articolazione del ginocchio, limitare la rotazione interna e l’iperflessione, nonché contenere i movimenti in varo e valgo. Le lesioni del LCP non sono, invero, molto frequenti, infatti rappresentano una percentuale compresa, secondo i vari Autori, tra il 9% ed il 23% circa delle lesioni legamentose dell’articolazione del ginocchio, ed è comunque meno esposto al rischio di lesione rispetto al LCA. Tuttavia, occorre sottolineare che od oggi il LCP è divenuto, in ambito ortopedico, un argomento di sempre crescente interesse, oltre al fatto che recentemente alcuni lavori riportino di come l’incidenza lesiva a carico di quest’ultimo, superi notevolmente quella descritta nei precedenti studi. Anche il tipo di trauma nel quale i due legamenti possono essere lesionati si presenta diverso, mentre il LCA si insulta prevalentemente in seguito ad un meccanismo traumatico di tipo sportivo, il LCP viene lesionato, nel 50% dei casi, in seguito ad un traumatismo che avviene in un contesto extra-sportivo. Il meccanismo lesivo che più frequentemente comporta una lesione del LCP è costituito da un trauma diretto in direzione antero-posteriore; classica è infatti la cosiddetta “lesione da cruscotto”, nella quale l’articolazione del ginocchio urta violentemente contro, appunto, il cruscotto dell’automobile durante un incidente stradale. Altri meccanismi lesivi che possono condurre ad un danno anatomico del LCP sono le violente iperflessioni od iperestensioni del ginocchio, anche se la lesione da iperestensione del ginocchio dovrebbe, in teoria, comportare la lesione del LCP, solo dopo la rottura del LCA.

Clinica e diagnosi

Una lesione acuta ed isolata del LCP, comporta tipicamente solamente un lieve emartro, contestualmente ad un’accentuazione della sintomatologia dolorosa nel momento in cui l’articolazione del ginocchio oltrepassa i 90°. Il test maggiormente patognomonico nei confronti di una lesione del LCP è costituito dal test del cassetto posteriore”, che rivela, ad articolazione del ginocchio flessa di 90°, una significativa traslazione posteriore del piatto tibiale rispetto al femore: Un cassetto posteriore compreso tra i 3 ed i 10 mm, indica una lesione parziale del LCP, mentre nel caso in cui quest’ultimo sia maggiore di 10 mm, si deve sospettare una lesione totale. La RM costituisce l’esame diagnostico per immagini che è in grado di confermare la diagnosi clinica, che comunque, in molti casi, si presenta piuttosto difficile.

Trattamento

Consultando i dati disponibili in letteratura non sono purtroppo disponibili elementi sufficienti per potere indirizzare maggiormente il piano d’intervento verso una soluzione di tipo conservativo oppure chirurgico. Questo è da addebitarsi, soprattutto, al fatto che non vi sia un numero congruo di studi prospettici con un follow up ragionevolmente lungo. In ogni caso, è possibile prospettare un consenso quasi unanime verso la scelta chirurgica nel caso in cui il danno del LCP sia associato ad altri tipi di lesione. L’intervento riscostruttivo di LCP vede l’utilizzo di vari tessuti biologici, come il tendine del semitendinoso, il tendine poplite, il tratto ileotibiale, il gastrocnemio mediale , oppure il terzo medio del tendine rotuleo. Inoltre, il trapianto eterologo è considerato, da alcuni Autori, un’eccellente alternativa nella ricostruzione del LCP. Per quello che concerne il trattamento conservativo, la sua complicanza maggiore è costituita , dalla sofferenza femoro-rotulea e dalle possibili alterazioni artrosiche del compartimento interno del ginocchio. In effetti, questo tipo di patologie degenerative rappresentano la diretta conseguenza dell’alterazione biomeccanica dell’apparato estensore che, a causa del deficit funzionale del LCP, si trova costretto ad opporsi costantemente alla traslazione posteriore della tibia, sottoponendo, in tal modo, l’articolazione femoro rotulea ad un notevole ed usurante sovraccarico funzionale.

Riabilitazione e ritorno dell’attività sportiva

Nella lesione isolata di LCP, occorre prevedere un’iniziale fase riposo e l’utilizzo di un tutore, o bendaggio funzionale. Nel caso di utilizzo di tutore, quest’ultimo dovrebbe essere, per la prima settimana, bloccato in estensione ed, in seguito, incrementato in flessione di 20settimanali. Il recupero della flessione dovrà necessariamente essere molto graduale, onde evitare eccessive ed inopportune tensioni sul legamento lesionato. Successivamente, occorre soprattutto focalizzare l’attenzione sul rinforzo del muscolo quadricipite, quale antagonista naturale della traslazione posteriore tibiale. Tuttavia, dal momento che il sovraccarico funzionale del quadricipite, può contestualmente comportare un sovraccarico femoro-rotuleo, diviene fondamentale l’inserimento nel piano di lavoro di esercitazioni specifiche a carico dei muscoli gemelli. Questi ultimi, infatti, sono dei naturali posteriorizzatori” del femore.

Inizialmente gli esercizi di rinforzo del quadricipite femorale, in catena cinetica chiusa, sono sconsigliabili (inseribili solamente a partire dalla quarta settimana) , a causa dell’attivazione contestuale della muscolatura posteriore della coscia, responsabile della translazione posteriore della tibia. Anche il lavoro attivo, in catena cinetica aperta, degli ischiocrurali, deve essere introdotto con molta gradualità (assolutamente evitato durante le prime sei-otto settimane), sempre per il motivo che la traslazione posteriore di tibia, provocata dalla loro contrazione, potrebbe sovra-stirare dannosamente il LCP danneggiato.

Nel caso invece di riparazione chirurgica del LCP, l’attività sportiva può essere, in genere, ripresa dopo un periodo riabilitativo compreso tra i 4 e gli 8 mesi. E’ comunque buona norma effettuare, a tempo indefinito, un costante programma di potenziamento della muscolatura estensoria della coscia.